domenica 7 ottobre 2018

Lotta al femminile contro la malavita

Il cortile del Castello Estense di Ferrara è stato teatro di un acceso dibattito, moderato da Teresa Parmigiani, che ha analizzato il ruolo femminile all'interno delle organizzazioni criminali o della lotta contro di esse.
Il primo ospite a prendere la parola è stato il criminologo Federico Varese che ha evidenziato l'esclusione delle donne dai ruoli più importanti della gerarchia mafiosa tradizionale, sebbene esse collaborino attivamente con gli uomini. Una delle spiegazioni addotte da Varese è che le donne sono più inclini al sentimento d'amore che potrebbe indebolire l'organizzazione e i principi mafiosi. Paradossalmente sono presenti pregiudizi di genere anche in ambito giudiziario, in quanto donne effettivamente appartenenti a un'organizzazione criminale non vengono indagate e incriminate come tali, poiché non sottoposte a riti di iniziazione da cui sono escluse. Il criminologo ha inoltre supportato la sua tesi portando come esempio le dinamiche organizzative della mafia giapponese, in cui le mogli dei boss gestiscono i rapporti con gli affiliati dei mariti ma non vengono considerate colpevoli.
La parola è poi passata a Valentina Fiore, una delle responsabili del progetto Consorzio Libera Terra Mediterraneo, che si occupa della vendita di prodotti agricoli provenienti da terreni confiscati alla malavita. "Debolezza", mettere insieme e amore sono le parole chiave essenziali per descrivere il suo lavoro. Il primo è in realtà una debolezza maggiormente in una prospettiva maschile, perchè usare il dialogo e non l'assertività è, in realtà, il solo modo per comunicare con il mondo della malavita.  Il primo passo infatti da intraprendere per permettere un primo moto di rivoluzione e cambiamento dovrà assolutamente partire dal singolo individuo per poter poi coinvolgere un'intera comunità.
Da ultima Anabel Hernàndez porta la sua incredibile testimonianza di vita e di lavoro sul narcotraffico che dilania il Messico, suo stato d'origine. La giornalista presenta le terrificanti statistiche secondo cui, a causa della continua espansione e del commercio dei cartelli della droga in Sud America, avrebbero già perso la vita più di duecentocinquantamila messicani. Con grande enfasi sottolinea come gli esponenti delle organizzazioni criminali si servano delle donne come merce di scambio, nonché fondamentali collaboratrici e responsabili del riciclo di denaro. Denuncia inoltre la completa collusione delle forze dell'ordine e degli organi statali con i narcotrafficanti e l'ipocrisia della società, la quale non solo ignora le vittime non appartenenti ad una classe sociale elevata, ma  è attiva consumatrice di beni derivanti dalla criminalità organizzata.
La conclusione è lampante. Nonostante le differenze di forma che contraddistinguono le diverse organizzazioni criminali, in realtà esiste un'unica via da seguire: considerare prese di posizione e atti di sopravvivenza contro la malavita come puri e semplici desideri di normalità.
Filippo Novelli, Federica Sossella

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