lunedì 8 ottobre 2018

Giovani magliette rosse


Metti 10 studenti del Liceo Ariosto di Ferrara che ospitano 10 studenti del Liceo Alfieri di Torino. Dai loro in mano carta, penna e cellulare per le foto. Mandali a seguire il Festival di Internazionale e il gioco è fatto.
Per tre giorni sotto il sole o sotto la pioggia, hanno assistito agli eventi in programma e hanno scritto per il Blog Ariosto&Alfieri a Internazionale articoli su articoli per raccontare attraverso i loro giovani occhi gli incontri con giornalisti, scrittori ed artisti che hanno animato il dibattito del Festival. Non sempre è stato facile: spesso le tematiche sono state impegnative perchè di scottante attualità, ma non si sono mai arresi. Si sono aiutati e hanno cercato di comprendere meglio quelle parole e quei concetti complicati che descrivono il nostro mondo. Sempre sotto la supervisione di Augusta Giovannoli, detta Popi, ideatrice del Progetto  che mette al centro come protagonisti stessi gli studenti con totale fiducia nella loro determinazione e nelle loro potenzialità.
Per tre giorni i loro sorrisi, i loro occhi stanchi e le loro magliette rosse hanno colorato il Festival di Internazionale nel segno di un'allegra brigata di amici. Perchè tra un articolo e l'altro mentre si impara e si scoprono tanti mondi diversi, si diventa anche amici, di un'amicizia fatta di interessi comuni e di una spiccata curiosità. Ecco perchè nella loro base, la redazione di via Scienza 28/d, sono arrivati anche i ragazzi che hanno partecipato gli scorsi anni, per un saluto, un abbraccio o in caso anche un aiuto.
Per tutti è sempre un'esperienza molto formativa, una di quelle che lasciano il segno negli animi di questi giovani che vogliono capire e vivere davvero la complessa realtà che li circonda.
Alla prossima avventura, magliette rosse!

  La redazione                                                      

domenica 7 ottobre 2018

Libertà o conformismo?

Anticonformisti, irriverenti: esistono ancora scrittori del genere? L'autore è ancora libero?
Oggi lo scrittore  vuole essere insistentemente autentico non nei confronti del proprio pensiero ma agli occhi dell'opinione pubblica. La sua libertà è dunque limitata dalle aspettative del lettore e da questo periodo caratterizzato da questo moderno "puritanesimo". Questa nuova visione è denunciata dalla scrittrice britannica Zadie Smith che considera la scrittura ribellione: ribellione dalle attese degli altri. Lo scrittore è esente dalla responsabilità di essere conforme alle aspettative dei lettori.  Lo scrittore è irresponsabile, lo definisce scrivere in prima persona  da cui scaturisce l'Io letterario. L'autore è protagonista e consapevole del suo pensiero e si confida con un lettore astratto: la sua coscienza. Scrivere diventa così una questione di pudore e vergogna: è un rischio da assumere perché è personale, ma  gli consente di essere libero.
Questo tipo di scrittura non solo delinea la forma del pensiero dello scrittore ma permette anche alle persone comuni di scoprire loro stessi, non suggerendo cosa pensare ma come: solo in questo modo la scrittura diviene formativa.
Sophia Temgoua e Matilde Baiardi

Alle radici dell'intolleranza razzista in Italia

In Italia dilaga un odio di carattere razzista e xenofobo che non è più possibile ignorare, anche se oggi si ha quasi timore o vergogna ad ammettere che questo fenomeno è ormai gravemente diffuso nel nostro Paese. Questo odio, unito alla paura, sfocia nella violenza più atroce contro il "nemico pubblico", "l'altro da noi", è stato raccontato attraverso le notizie di cronaca in un video realizzato dai ragazzi ferraresi di "Occhio ai media". Importante è stato, infatti, l'intervento di Aliou Diene e Bouyagui Konatè, parenti di Idy Diene, venditore ambulante senegalese rimasto ucciso a Firenze da un colpo di pistola. Insieme a Pape Diaw, attivista senegalese, essi hanno infatti ribadito l'importanza della condivisione e dell'integrazione tra le diverse culture.
È fondamentale però fare una distinzione tra razzismo istituzionale e razzismo culturale, come sottolineato dal giornalista Gad Lerner e dal sindacalista italoivoriano Aboubakar Soumahoro. Infatti è quello istituzionale che, mediante meccanismi di disumanizzazione, produce "artificialmente" la condizione della clandestinità a livello legislativo (ad esempio legge Bossi-Fini); invece, quello culturale, basandosi sul concetto istituzionalizzato di clandestinità, si diffonde nell'opinione pubblica, proiettando in modo indistinto paura e indignazione contro la massa oscura e minacciosa dei troppi. 
In conclusione, quando dall'alto non viene lanciato un allarme antirazzismo, è necessario prendere posizione e costruire dal basso una nuova resistenza antirazzista sulla base dei valori fondamentali quali solidarietà, umanità e uguaglianza, come ribadisce l'articolo 3 della Costituzione italiana:"Tutti i  cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
       
                                                                                       Margherita Baldazzi e Roberta De Gioanni


Come informare un giornalista


Gli studenti lasciano i banchi e scendono in campo.
Più  esattamente, tra le vie storiche della città estense, dove Internazionale ha organizzato con mostre, programmi radiofonici, conferenze, documentari e molto altro il suo Festival che accoglie giornalisti da tutto il mondo.
Così, armati di penna, taccuino, intraprendenza e iniziativa, i ragazzi dei licei Ariosto di Ferrara e Alfieri di Torino, si sono calati nel ruolo di reporter che partecipano, ascoltano, valutano e riportano le informazioni più importanti.
Alcuni hanno svolto attività giornalistica intervistando i relatori di alcune conferenze come dei giornalisti veri e propri.  Altri studenti, invece, si sono interfacciati con il mondo dei giornalisti  registrandoli e dando loro le indicazioni necessarie sul festival:  è questo uno dei compiti dell'Ufficio Stampa, che richiede grande capacità comunicativa, organizzativa e autodisciplina.
Si ha infatti a che fare anche con inviati delle più importanti testate giornalistiche che, come spiega il paradosso del titolo stesso, abbiamo dovuto informare sull'organizzazione generale del Festival.
Il mio, come quello delle mie colleghe, è stato un ruolo significativo e complicato: abbiamo dovuto infatti far fronte non solo alle richieste più particolari, ma anche alle critiche, alle disapprovazioni e ai rimproveri, cercando in qualche modo di giustificarci.
Ufficio stampa significa anche e soprattutto autocontrollo, perché  nel  caos generale di speakers radiofonici, ospiti, fotografi e camera-men, è difficile gestire la situazione.
È stata una esperienza molto formativa perchè insegna a gestire la tensione e  a coordinare le attività,  e a stabilire con i vari giornalisti anche una conversazione  proficua dal punto di vista lavorativo, traendone consigli preziosissimi da portare con sè.

Isabella Greghi

Un'ingiustizia legittimata

E' la notte del 14 giugno 2017 a Londra e nel quartiere North Kensigton divampa un incendio nel palazzo popolare Grenfell Tower. Il fuoco causa 72 vittime e lascia molte persone senza una casa. A parlare di questa vicenda, oggi, alla facoltà di Economia a Ferrara, erano presenti due attiviste : Samiah Anderson e Swarzy Macaly insieme ai ragazzi di Occhio ai Media.
Gli argomenti su cui si è discusso sono stati principalmente riguardo le cause del disastro e l' iniziale indifferenza da parte delle autorità e del governo britannico.
Anche i Media non sono stati d'aiuto, in quanto si sono limitati a "dipingere"gli sfollati in maniera dispregiativa, che per rimanere fedeli alle proprie tradizioni oppure per semplice orgoglio non hanno accettato nessun tipo d'aiuto.
 Perciò è evidente quanto la nostra società, a cui piace vantarsi della propria multiculturalità, sia in realtà ancora chiusa in se stessa non accettando la possibilità dell'esistenza del diverso.
Le ospiti hanno portato all'attenzione del pubblico come il governo non si sia mobilitato in tempo per evitare questa tragedia; infatti era stato già fatto presente alle autorità che l'edificio non ricevesse una regolare manutenzione.
 I cittadini, notando l'indifferenza del governo in seguito all'accaduto, hanno "assaltato" il comune ed hanno richiesto insistentemente una partecipazione fino ad ottenere l'apertura di una inchiesta al fine di evitare il crollo di altre case popolari.                                 
A concludere l'incontro Swarzy ha citato una frase di Nelson Mandela:"Dobbiamo pentirci del male che hanno fatto i cattivi e del silenzio dei buoni" a sottolineare quanto l'indifferenza possa essere complice di queste tragedie.
                                                                                       Ada Pupella, Desiree Bindini, Giacomo Bosco

Apriamo una finestra sui conflitti

Ognuno di noi può immaginare la situazione critica di coloro che subiscono sulla propria pelle l'orrore della guerra, ma Staffan de Mistura, ambasciatore dell'ONU, Zedoun Alzoubi, fondatore di Union of Medical care and relief, Lorenzo Trombetta, studioso del contesto siriano, e Michiel Hofman, rappresentante di medici senza frontiere, vivono sicuramente più da vicino questa realtà. I Paesi dilaniati dai conflitti su cui l'incontro al cinema Apollo si è concentrato sono la Siria, in maniera più approfondita, e il Sud Sudan. La guerra in Siria, dice de Mistura, è la peggiore a cui abbia mai assistito: lo dimostrano cinque milioni di vittime, sette milioni di sfollati e cinquecentomila prigionieri presi in causa da ambo le parti. In più, gli ospedali normalmente considerati luoghi sicuri e di rifugio, poiché  sono i principali target delle bombe, si trasformano in zone di pericolo e paura. Tuttavia, i governi considerano come unica soluzione non la via diplomatica, ma l'uso delle milizie. Al contrario Alzoubi sostiene che per migliorare la situazione bisognerebbe continuare a manifestare per i diritti dei cittadini, in modo da far comprendere che essi non sono merce di cui le controparti del conflitto possono disporre a loro piacimento. L'intervento di Hofman ha inoltre chiarito che la guerra in Sud Sudan, pur non essendo oggetto dell'attenzione mediatica, presenta delle somiglianze con quella siriana ed è altrettanto cruenta.
In conclusione i relatori sostengono che prima di intervenire sul problema è necessario sensibilizzare il resto del mondo per renderlo partecipe di queste atrocità.
                                                                                                                   Sara Meneghini e Alisia Rizzi




Le donne non si spezzano

Avete notato che il simbolo di Internazionale 2018 è una mondina? Non è un caso. Infatti, il principale filo conduttore di quest’edizione del festival è rappresentato dalle donne e dal rispetto dei loro diritti. Il filo rosso che lega i vari movimenti femministi nazionali è creare un programma politico comune e un dialogo interclassista e intergenerazionale in grado di ribaltare il sistema patriarcale e capitalista. Per raggiungere questo obiettivo è necessario pensare al femminismo come a un movimento in grado di unire tutti coloro che sono stati dimenticati dalla società, avvalendosi della “sapienza dei più deboli”, e di riconoscere nella vulnerabilità un punto di forza a differenza di ciò che le forze neo autoritarie fanno. Come l’attivista polacca Marta Lempart ha sostenuto nell’illuminante dibattito tenutosi venerdì sera a Teatro Comunale, al giorno d’oggi il movimento femminista sta aumentato il suo potere grazie alla diffusione non solo nelle grandi metropoli, ma anche nelle piccole realtà. Da questo dialogo non sono esclusi gli uomini che però dovrebbero riflettere e rivedere la loro mascolinità che per troppo tempo è stata intesa come supremazia dell’uomo sulla “categoria donna”. Quest’idea di mascolinità ha inoltre portato l’uomo a ristabilire in modo violento un’ideologia patriarcale che legittima l’avanzata del capitalismo e del nazionalismo. In conclusione, impariamo a pensare al femminismo non come a un nome proprio, ma come un nome comune a disposizione di chiunque ne voglia far parte. Il femminismo parla una lingua sovranazionale. 
                      Emilia Ciatti e Martina Catino