Questo pomeriggio al Festival di Internazionale a Ferrara è stato organizzato un dibattito tenuto dal Tg1 in collaborazione con MSF sulle sorti della minoranza Rohingya, vittima di una fuga forzata dal Myanmar al Bangladesh.
La fuga di questo popolo inizia il 25 agosto 2017 e continua tuttora, tanto che il numero di profughi ha superato il milione. L’indagine giornalistica del Tg1 inizia nel settembre di quell’anno e documenta la traversata del fiume Lao, che segna il confine tra i due paesi interessati. Emanuele Giordana, Cecilia Brighi e Francesco Segoni durante la conferenza, con la mediazione di Amedeo Ricucci, hanno illustrato i motivi di questa persecuzione e il possibile futuro di questa minoranza.
I Rohingya sono abitanti di una zona chiamata Rachan, che nel corso dei secoli ha mutato i suoi confini e i suoi padroni, passando dall’essere una colonia inglese ad entrare a far parte del Myanmar, non cambiando tuttavia le sue radici musulmane. Radici che, apparentemente, hanno portato i potenti militari del paese a bruciare centinaia di villaggi e a uccidere migliaia di persone. Come ci spiega Giordana, dietro la persecuzione ci sono motivi economici, non solo religiosi e culturali: infatti dal governo è stata emanata una legge che consente ai militari l’accorpamento di 20.000 ettari di terra, dei quali i Rohingya non riusciranno più a rientrare in possesso a causa dell'assenza di atti di proprietà ufficiali. Il Bangladesh, al contrario della loro terra natia, tollera la loro presenza senza tuttavia concedere alcun tipo di diritto. Medici Senza Frontiere è intervenuto per aiutare i profughi con assistenza sanitaria e rifornimenti di acqua e viveri, che però non permettono al milione di Rohingya di avere una condizione di salute adeguata. Anche se è l’obiettivo iniziale di tentare il rimpatrio è un’ipotesi inattuabile secondo i relatori, quello che ci viene chiesto è solo questo: informarci.
La fuga di questo popolo inizia il 25 agosto 2017 e continua tuttora, tanto che il numero di profughi ha superato il milione. L’indagine giornalistica del Tg1 inizia nel settembre di quell’anno e documenta la traversata del fiume Lao, che segna il confine tra i due paesi interessati. Emanuele Giordana, Cecilia Brighi e Francesco Segoni durante la conferenza, con la mediazione di Amedeo Ricucci, hanno illustrato i motivi di questa persecuzione e il possibile futuro di questa minoranza.
I Rohingya sono abitanti di una zona chiamata Rachan, che nel corso dei secoli ha mutato i suoi confini e i suoi padroni, passando dall’essere una colonia inglese ad entrare a far parte del Myanmar, non cambiando tuttavia le sue radici musulmane. Radici che, apparentemente, hanno portato i potenti militari del paese a bruciare centinaia di villaggi e a uccidere migliaia di persone. Come ci spiega Giordana, dietro la persecuzione ci sono motivi economici, non solo religiosi e culturali: infatti dal governo è stata emanata una legge che consente ai militari l’accorpamento di 20.000 ettari di terra, dei quali i Rohingya non riusciranno più a rientrare in possesso a causa dell'assenza di atti di proprietà ufficiali. Il Bangladesh, al contrario della loro terra natia, tollera la loro presenza senza tuttavia concedere alcun tipo di diritto. Medici Senza Frontiere è intervenuto per aiutare i profughi con assistenza sanitaria e rifornimenti di acqua e viveri, che però non permettono al milione di Rohingya di avere una condizione di salute adeguata. Anche se è l’obiettivo iniziale di tentare il rimpatrio è un’ipotesi inattuabile secondo i relatori, quello che ci viene chiesto è solo questo: informarci.
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